Recensione Lo scriba del faraone di Costantino Andrea De Luca

Leggi la mia recensione del romanzo di Costantino Andrea De Luca "Lo scriba del Faraone", una raccolta di circa trenta storie che raccontano la vita degli uomini in diverse epoche storiche.

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Beatrice Barone

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Lo scriba del faraone

Costantino A. De Luca
Rizzoli
288
2025

Caro vita e affitti troppo alti: studenti bolognesi protestano davanti all’università. Nuovo taglio dei salari atteso per quest’anno. Gli animali domestici sono i nostri migliori alleati contro la solitudine.

Lette così, queste frasi, potrebbero passare per titoli di quotidiani moderni, quelli che andiamo a comprare in edicola tutte le mattine o che scarichiamo sui nostri tablet, eppure si riferiscono a disagi vissuti da persone molto lontane dal nostro presente.

Lo Scriba del faraone è una raccolta di storie senza tempo, i cui protagonisti non sono re o principesse, ma uomini e donne comuni, la cui esistenza è stata miracolosamente consegnata ai posteri quasi per caso: un frammento di lettera indirizzata alla moglie lontana, un’annotazione incisa su un coccio di terracotta, un atto di vendita, una tenera poesia rivolta al proprio gatto.

Grazie a queste fonti, di poca importanza per i più e preziosissime per gli archeologi, è stato possibile provare a ricostruire – seppur in modo frammentario – chi furono queste persone e quale fosse il loro stato d’animo al tempo in cui queste fonti si costituivano. Ecco dunque che la lettera di uno studente bolognese del Duecento, Martino di Bartolomeo, ci lascerà sgomenti davanti all’attualità del tema trattato: il caro vita per gli studenti universitari fuori sede, un problema che sfortunatamente continua a caratterizzare molte delle nostre città universitarie.

Se la lettera di Martino ci fa amaramente riflettere sull’attualità dei disagi sofferti dagli studenti medievali, la poesia di un monaco irlandese di cui non conosciamo il nome, vissuto nel IX secolo, scritta per amore del proprio gatto, ci riscalda il cuore:

Io e il mio gatto Pangur Ban

Un compito simile eseguiam:

lui caccia topi correndo intorno,

mentre io sto seduto a caccia di parole notte e giorno.

(…)

Passiamo il tempo senza noia,

noi due soli, uniti dalla gioia

(…)

Quando un topo esce dalla tana,

quanta gioia Pangur emana!

Quando risolvo un enigma oscuro,

proprio come lui gioisco sicuro!

Così entrambi lavoriamo in pace

Svolgiamo un compito che ci piace.

Ci allieta assai la nostra arte,

a ciascuno per la sua parte.

(…)

Vivere in un monastero irlandese ai tempi di Carlo Magno non doveva essere cosa semplice, così come non era (ed è) vedersi ingiustamente rifiutare un aumento. È quello che è successo a Prehotep, un lavoratore egiziano del 1230 a.C. impegnato nella realizzazione della tomba di qualche faraone nella Valle dei Re.

Conosciamo la sua storia grazie alla lettera che lo stesso Prehotep scrisse al suo superiore. Nella lettera, Prehotep si lamenta con il suo capo perché quest’ultimo lo chiama solamente quando c’è del lavoro da fare, e mai per bere della birra.

La richiesta di Prehotep era dunque assai semplice: altra birra che potesse compensare il lavoro svolto.

Ma perché la birra?

È molto probabile che nel XII secolo a.C gli artigiani come Prehotep fossero pagati proprio con la birra, un po’ come avveniva per i legionari romani che ricevevano il sale (da qui il termine salario) come parte del loro compenso.

A prescindere dalla natura del corrispettivo, probabilmente Prehotep soffriva molto di quella forma di stress che contraddistingue tutti quei lavoratori dipendenti che non si sentono valorizzati e remunerati adeguatamente.

Lo stress di Prehotep ha tanto del mondo moderno, come anche la sofferenza di Martino, studente universitario fuori sede, vittima degli affitti fuori controllo a Bologna. E che dire del monaco irlandese, così legato al suo amico a quattro zampe da dedicargli addirittura una poesia? Nei suo teneri versi riscopriamo noi stessi, il legame con i nostri amici animali e la sensazione di benessere che la loro presenza accanto a noi ci infonde.

Lo Scriba del faraone dimostra quanto il passato sia affascinante, ma non tutto ciò che è stato deve e può avere continuità nel mondo presente. Alcune storie raccontate in questa raccolta devono costituire un monito affinché il dolore sofferto da quelle persone non debba più essere patito da altri.

È il caso di una giovane madre nell’Anatolia del XIII a.C costretta dalla fame a vendere la figlia per soldi, delle donne cinesi del 246 a.C, impossibilitate dalla legge a denunciare le violenze subite dai mariti violenti, di Semidea Poggi, monaca del convento di San Lorenzo, costretta a prendere i voti da un sistema sociale che non permetteva alle donne di disporre da sole della propria vita.

Semidea fu accusata di eresia a causa delle sue canzoni, unico svago in quel luogo tetro e cupo nel quale l’avevano rinchiusa.

Queste sono le sue parole:

Signore, che vita ho vissuto?

Ho sprecato vaneggiando i mesi e gli anni,

ho considerato il monastero un carcere e ho accettato

volontariamente di essere prigioniera di tiranni malvagi.

Misera, non riconoscevo la mia fortuna, ed espressi

Solo quei miei canti che erano infelici,

mentre invocavo abissi su abissi,

ascoltando solo voci di distruzione e orrori.

Con il suo Lo scriba del faraone, articolato in trenta storie distanti tra loro nel tempo e nello spazio, Costantino Andrea De Luca ci ricorda che il nostro presente è indissolubilmente legato al nostro passato, e che i nostri sentimenti sono gli stessi provati dagli uomini e dalle donne che ci hanno preceduto.

Madri, mariti, studenti, lavoratori come noi. Perché le emozioni umane – come ricorda l’autore – sono rimaste sostanzialmente le stesse nel corso della storia, e l’empatia può attraversare i millenni legandoci ai nostri avi.

Ho particolarmente apprezzato la conclusione dell’opera: per completare il cerchio, e quindi inserire il racconto di una vita contemporanea, l’autore ha deciso di mettersi a nudo e offrire al lettore la sua storia. Una storia, una vita, comune a molti: un percorso universitario sbagliato, la depressione che avanza, il momento di confusione e la passione che illumina il domani.

Sebbene non classificabile come romanzo storico, consiglio Lo scriba del faraone a tutti coloro che cercano una lettura incentrata su elementi storici accertati e al contempo piacevole e divertente.

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